L'Unione Sovietica non è stata a sola a usare animali per esperimenti spaziali. Anzi, a cominciare furono gli Stati Uniti, addirittura negli Anni '40, ma collezionarono una serie di insuccessi. A quell'epoca l'America non aveva ancora elaborato una vera tecnologia spaziale propria: i razzi che venivano lanciati erano semplici derivati delle V2 tedesche, che compivano parabole sub-orbitali a un'altezza variante fra i 30 e i 100 km, quindi (nell'ipotesi massima) ai limiti superiori della stratosfera, ma non nel cosmo strettamente inteso.
La differenza principale tra Urss e Usa è che nel primo caso si "privilegiarono" i cani, nell'altro le scimmie e in particolare i macachi. Il primo dei 32 primati coinvolti nell'operazione, battezzato Albert, fu lanciato nel 1948: raggiunse i 63 km di altezza e morì per soffocamento. Nei tre anni successivi seguirono altre cinque scimmie, tutte chiamate come la prima con l'aggiunta di un numero. Nessuna ebbe sorte felice: una (Albert 3) morì per lo scoppio del razzo in partenza, altre tre (Albert 2, 4 e 5) si schiantarono al suolo al rientro.
Il primo macaco americano che tornò vivo a terra fu Albert 6, nel 1951. Ma l'entusiasmo degli scienziati fu di breve durata, perché la scimmietta morì due ore dopo, probabilmente per lo stress. Miglior sorte ebbe una coppia di primati di un'altra specie: Patricia e Mike, due scimmie filippine lanciate nel 1952 e tornate salve alla base. Ma in quel caso l'"impresa" era stata un gioco facile: il razzo era salito solo a 26 km, cioè a una quota poi toccata anche da certi aerei, vedi il Lockeed SR-71, alias Blackbird. Il cosmo era molto più in alto.